Oggi con gli amici della rubrica “Seggiano Curiosa” andiamo a scoprire alcune piante tipiche della biodiversità del monte Amiata. Ora che ci siamo lasciati alle spalle la stagione invernale i terreni del vulcano spento sono pronti generare interessanti varietà di erbe, piante e funghi. Di queste alcune possiamo ignorare l’esistenza, di altre invece no, troppo importanti perchè risultano avere delle proprietà medicinali, mentre altre è bene conoscerle per evitarle.
Il territorio di Seggiano si estende dalla vallata del fiume Ente fino alle pendici del monte Amiata e tra i fattori di variabilità dell’ habitat dobbiamo prendere in considerazione l’altitudine dei terreni (da 300 a 1700 metri), l’esposizione ai venti freddi di tramontana e la umidità delle valli dei fiumi Ente, Vivo e dei loro affluenti. La conseguenza di questa variabilità è una notevole biodiversità di piante spontanee, molte con proprietà medicinali, in un ambiente a basso impatto di inquinamento e quindi particolarmente adatte all’ uso terapeutico.
L’ elenco di queste piante sarebbe lungo ma oggi ci limitiamo a citarne cinque che più hanno colpito gli amici che curano questa rubrica.
Iperico, diffuso nei terreni non vulcanici in radure con molto sole. E’ detta “l’ erba di San Giovanni” perchè il 24 giugno si raccoglie il suo fiore che in olio (rigorosamente di olivastra seggianese) fornisce un medicamento eccezionale per le scottature e per ringiovanire la pelle del viso.
Singolare e’ la storia dell’ equiseto, pianta antichissima che risale all’ epoca dei dinosauri; non fa fiore e si riproduce per spore. E’ ricca di silicio e le sue tisane sono eccezionali per i dolori ossei. In effetti a Seggiano si trova soprattutto l’ equiseto massimo che ha minore concentrazione di principio attivo. Si trova nelle zone più umide: si dice che cresca solo vicino alle acque pulite ed è un indicatore di zone a basso inquinamento. Proprio per il contenuto di silicio le piante essiccate venivano un tempo sfruttate per levigare le superfici di legno e ferro.
L’ elleboro, come tutte le ranuncolacee è una pianta velenosa. E’ molto comune nella forma selvatica (con fiore verde) nei boschi a mezz’ ombra. La caratteristica di fiorire d’ inverno (per questo detto “rosa d’ inverno”) l’ ha reso interessante per i vivaisti che ne stanno producendo molti ibridi con fiori di vario colore.
In alcune aree di Seggiano è possibile trovare anche campi di belldonna spontanea (atropa belladonna), una pianta medicinale potentissima e molto velenosa, non a caso porta il nome della parca che recideva il filo della vita (Atropo). E’ ricca di atropina, la sostanza usata dagli oculisti per dilatare la pupilla degli occhi. Proprio da questa caratteristica deriva il suo secondo nome perchè le dame del Rinascimento la usavano per avere gli occhi più belli, anche se non vedevano più nulla. se ingerita anche in modeste quantità e’ mortale.
Tutti ormai sappiamo riconoscere la amanita phalloides, il fungo mortale per definizione o la muscaria (allucinogena), il fungo dei cartoni animati; grandi manifesti dei funghi mangerecci e tossici sono esposti in tutti i locali dell’ Amiata. Non altrettanto si può dire delle piante spontanee; le belle bacche della belladonna cosi’ invitanti, sono un grave pericolo per l’ ignaro turista estivo che viene a trovare il fresco nella nostra montagna.
Questo testo è a cura della Fondazione Le Radici di Seggiano.