I seccatoi sono i luoghi dove venivano essiccate le castagne, scoprili con thatsamiata
Le tradizioni e gli uomini si incontrano in luoghi, dando vita a un’alchimia fatta di storia, pratiche sociali e legami profondi. I seccatoi del Monte Amiata sono uno di questi luoghi; qui la memoria degli uomini dell’antico vulcano custodisce ricordi, racconti e pratiche di un popolo. oggi per lo più dismessi, in passato i seccatoi hanno collaborato decisamente alla qualità della farina di castagne “fatta in Amiata”. Oggi i seccatoi, che non sono altro che casottini in pietra spesso dentro i castagneti, sono in uno stato di semi abbandono (chi li ha mantenuti in vita ha sostituito il fuoco con altre fonti di calore) le moderne tecniche di essiccazione hanno lentamente sostituito le più antiche, ma c’è ancora chi resiste, contribuendo a mantenere viva una porzione di memoria e un pratica antica. Con Thatsamiata siamo andati a scoprire questi “custodi dei seccatoi”.
I GUARDIANI DEI SECCATOI
Intanto mettiamo in chiaro la funzione: i seccatoi del Monte Amiata venivano usati per essiccare le castagne, successivamente macinate e trasformate in farina, ovvero il prodotto alimentare base che permetteva ad intere famiglie di sfamarsi. Una sorta di capanno a due piani costruito con calce e pietre dei campi vicini al castagneto, i seccatoi hanno una superficie di 20 metri quadrati e sono alti circa 2 metri e mezzo. All’interno l’edificio è diviso da un graticcio di legno (una sorta di griglia) sul quale venivano poste le castagne ad essiccare e il piano terra, luogo del fuoco. Le castagne dovevano essere continuamente girate, mosse per tutto il periodo dell’essiccazione, così come il fuoco doveva essere costantemente tenuto sotto controllo per tutto il periodo dell’operazione. Gli uomini erano dei veri e propri guardiani del seccatoio, e tra il luogo e l’uomo si stabiliva un legame profondo.
Intanto mettiamo in chiaro la funzione: i seccatoi del Monte Amiata venivano usati per essiccare le castagne, successivamente macinate e trasformate in farina, ovvero il prodotto alimentare base che permetteva ad intere famiglie di sfamarsi. Una sorta di capanno a due piani costruito con calce e pietre dei campi vicini al castagneto, i seccatoi hanno una superficie di 20 metri quadrati e sono alti circa 2 metri e mezzo. All’interno l’edificio è diviso da un graticcio di legno (una sorta di griglia) sul quale venivano poste le castagne ad essiccare e il piano terra, luogo del fuoco. Le castagne dovevano essere continuamente girate, mosse per tutto il periodo dell’essiccazione, così come il fuoco doveva essere costantemente tenuto sotto controllo per tutto il periodo dell’operazione. Gli uomini erano dei veri e propri guardiani del seccatoio, e tra il luogo e l’uomo si stabiliva un legame profondo.
IL FUOCO, UN ELEMENTO CARO AGLI AGRICOLTORI DELL’AMIATA
L’accensione del fuoco all’interno del seccatoio è una delle pratiche che in alcuni luoghi dell’Amiata richiama vere e proprie cerimonie (ad esempio a Monticello Amiata), per tutti i castanicoltori il momento dell’avvio del fuoco coincide con l’inizio di un lungo periodo (circa 40 giorni) di monitoraggio, osservazione e meditazione. Il fuoco arderà ininterrottamente per 40 giorni circa, mantenendo all’interno del seccatoio una temperatura costante intorno ai 30 gradi; questa fase richiede una presenza continua sia per alimentare il fuoco, sia per controllare che non si incendi tutta la costruzione con il raccolto delle castagne e obbliga chi abita lontano a rimanere permanente sul posto.
L’accensione del fuoco all’interno del seccatoio è una delle pratiche che in alcuni luoghi dell’Amiata richiama vere e proprie cerimonie (ad esempio a Monticello Amiata), per tutti i castanicoltori il momento dell’avvio del fuoco coincide con l’inizio di un lungo periodo (circa 40 giorni) di monitoraggio, osservazione e meditazione. Il fuoco arderà ininterrottamente per 40 giorni circa, mantenendo all’interno del seccatoio una temperatura costante intorno ai 30 gradi; questa fase richiede una presenza continua sia per alimentare il fuoco, sia per controllare che non si incendi tutta la costruzione con il raccolto delle castagne e obbliga chi abita lontano a rimanere permanente sul posto.
E INFINE LA FARINA E UN ALTRO INVERNO DA SUPERARE
C’è chi racconta come lo stato delle travi in legno del soffitto potesse indicare il grado di essiccazione delle castagne: se queste ultime erano asciutte le castagne si potevano togliere dal seccatoio, privarle della buccia e mandarle a macinare. La preziosa farina di castagne che si ricavava, rappresentava una delle poche certezze che gli uomini dell’antico vulcano avevano in mano per un altro duro inverno da superare.
C’è chi racconta come lo stato delle travi in legno del soffitto potesse indicare il grado di essiccazione delle castagne: se queste ultime erano asciutte le castagne si potevano togliere dal seccatoio, privarle della buccia e mandarle a macinare. La preziosa farina di castagne che si ricavava, rappresentava una delle poche certezze che gli uomini dell’antico vulcano avevano in mano per un altro duro inverno da superare.
In foto uno dei pochi seccatoi ancora in funzione. Si tratta del seccatoio di Angelo Frosolini e si trova a Montelaterone, nel comune di Arcidosso. Il signor Angelo, ha acquisito la pratica guardando dal padre, da oltre 40 anni porta avanti il suo seccatoio non ha mai rinunciato a questa pratica. Ad oggi, ad alimentare il seccatoio secondo antiche pratiche sono rimasti pochissimi castanicoltori.