L’atmosfera è calda e allegra, anche quando all’esterno infuria la tormenta di neve. Un tepore dato, oltreché dal caminetto, sempre acceso, da Clara, Alessio e Mattia: insieme hanno scelto questa baita sul monte Amiata – tra una faggeta e una pista da sci – per realizzare il sogno di aprire un ristorante in alta quota (a 1.450 metri sul livello del mare).
L’ articolo è stato pubblicato su ValleyLife n. 160, giugno 2020 ed a firma di Jori Diego Cherubini . Le foto sono di Michele Scalacci
Clara, la cuoca, lavora da sempre nella ristorazione. Ha iniziato in famiglia, nella locanda dei nonni. Per poi proseguire con varie esperienze formative. «Ma questa era la baita che sognavo – racconta – in piena montagna, dove ancora si avvertono la solitudine e la grande bellezza della natura». Il locale è tipico di montagna: tanto legno e immagini evocative. «Fino a qualche anno fa era un pub, lo abbiamo riportato alle origini, a all’idea di osteria: voglia di stare seduti insieme, bere, divertirsi e mangiare piatti gustosi, grazie a una cucina ‘non solo toscana’ che, pur rinnovandosi, guarda al passato».
A proposito di cucina: «Sono andata alla ricerca dei piatti di paese, ma elaborati apportando delle migliorie e sempre con prodotti di prima qualità». Nella cucina del 101 si usa moltissimo il forno a legna: «Conferisce alle pietanze un sapore unico e vero». A proposito di sapori, i piatti di riferimento sono le lumache: «È il più richiesto, sono cotte otto ore sommerse in vino rosso e conserva, poi un soffritto di salsiccia, pancetta, salvia, rosmarino, aglio e peperoncino, una vera goduria». In tanti salgono alla baita per il ricco antipasto composto da affettati (salame a grana grossa o fina, cotechino stagionato, capocollo, soppressata, prosciutto…), pecorini della Val d’Orcia, e crostini: «Si tratta di un tagliere che può sostituire un pasto, ed è perfetto per un gruppo di amici che arriva in inverno, magari dopo una sciata, o in estate».
Tra i sughi, quindi tra i primi, ad avere la meglio è il Cibrèo – non a caso ricorda il nome di un prestigioso ristorante fiorentino – ed è un ragù di carne «dal retrogusto delicato» con l’aggiunta di fegatini e cuore di pollo: «si sposa con tutti i tipi di pasta, in particolare con pici e tortelli. La pasta – riprende Clara – è sempre fatta in casa, e a mano, ed è preparata con la farina Senatore Cappelli che la rende porosa e grezza e tiene ottimamente i sapori». Poi c’è la polenta, sempre azzeccata in montagna, in abbinamento con cacciagione, pecorino e pepe, e ragù di vari tipi.
Tra i secondi invece spicca «sua maestà! il cinghiale marinato, «cotto tante ore e servito con una salsa particolare che conferisce un sapore antico, e buonissimo». Sempre tra i secondi da non perdere: baccalà e agnello.
Tra i dolci, sempre cotti nel forno a legna!, si possono scegliere: panna cotta (si consiglia al pistacchio), crostate assortite, la famosa Ricciolina di Abbadia San Salvatore, cantucci e vin santo, Foresta nera (cioccolato, panna e amarene), cheesecake, Torta Sacher o al vin brulè. Anche le etichette di vino sono numerose e locali, così come le birre«artigianali». Mentre Clara, Alessio e Mattia descrivono menù, locale e progetti si percepiscono emozione e passione: «Ci piace stare quassù, siamo come una famiglia», e parlano di idee future: «Ci piacerebbe organizzare serate con personaggi che amano la montagna, e magari hanno voglia di raccontarla, come il nostro mito Mauro Corona (il noto scrittore, ndr)». Il ristorante arriva fino a 80 coperti, all’occorrenza organizza compleanni e feste private.